La sicurezza dell’edificio può giustificare il sacrificio dell’interesse del singolo condomino

La sicurezza dell’edificio può giustificare il sacrificio dell’interesse del singolo condomino
 di Francesco Burrelli – presidente nazionale Anaci e Edoardo Riccio – presidente nazionale Cetro studi Anaci 19 Marzo 2024
 
Già anteriormente alla riforma del diritto condominiale (legge 220\2012) vigevano due norme esplicitamente in grado di certificare l’esistenza in vita del concetto di interesse condominiale:
– l’articolo 1123, comma 1, Codice civile, che ripartisce le spese necessarie «per la prestazione dei servizi nell’interesse comune»;
– e l’articolo 1130, numero 2, Codice civile, che officia l’amministratore di disciplinare «la fruizione dei servizi
nell’interesse comune».
La riforma del 2012 ne ha aggiunta una terza:
– l’articolo 1117 ter Codice civile che con la straordinaria maggioranza dei quattro quinti dei partecipanti e dei quattro quinti del valore dell’edificio, consente di modificare la destinazione d’uso delle parti comuni «per soddisfare esigenze di interesse condominiale».
L’omogeneità espressiva accomuna le tre norme sopra indicate, l’omogeneità concettuale consente di aggregarne una quarta, l’immodificato articolo 1120 Codice civile, rimasto a regolare le modificazioni materiali, pure mirate a un obiettivo di interesse o vantaggio comune, ovvero il miglioramento o uso più
comodo o maggior rendimento delle cose comuni. Ieri come domani il condominio italiano è connotato da uno spirito di servizio agli interessi diffusi, attuali e futuri, dei suoi abitanti, purché esercitato contemperando le esigenze di rinnovamento con il rispetto di quelle oggi comunemente condivise.
Cosa si intende per interesse comune
Si può definire l’interesse comune come l’esigenza di soddisfazione di un bisogno dei condòmini in quanto tali. Lo strumento per perseguire l’interesse del gruppo, è noto, è la deliberazione: è mediante decisioni assunte in assemblea che l’interesse comune si manifesta. Per giurisprudenza consolidata, la conseguenza della compressione del diritto di proprietà esclusiva da parte della volontà assembleare è la nullità della
deliberazione.
Ma a partire da Cassazione civile 16 dicembre 2015, numero 25292 si sta sviluppando un filone giurisprudenziale secondo il quale nel bilanciamento tra il diritto del condominio di intervenire sulle strutture portanti dell’edificio e il diritto del singolo condomino di non vedere leso il proprio diritto di proprietà esclusiva, la preminenza è attribuita al diritto del condominio, in quanto l’intervento può essere eseguito a fronte di un mero indennizzo di natura economica.
In altre parole, la decisione dell’assemblea in tal caso ha ad oggetto non l’esecuzione di interventi nella proprietà esclusiva (si tratterebbe effettivamente di una deliberazione nulla nel senso anzidetto), bensì interventi, necessari per la messa in sicurezza dell’edificio, che incidono su parti comuni dell’edificio; il sacrificio imposto al singolo appare una conseguenza necessaria per il perseguimento dell’interesse comune.
Il richiamo ai valori solidaristici
Da tempo la giurisprudenza richiama nell’interpretazione delle norme sul condominio i valori solidaristici espressi dall’articolo 2 della Costituzione e il principio di uguaglianza e ragionevolezza espresso dall’articolo 3
della Costituzione, che informano ormai l’interpretazione dei rapporti condominiali.
Tali valori costituzionali fanno in modo che si apprezzi nel condominio uno stretto legame fra proprietà
individuale e comune e l’essenza stessa di una formazione sociale e quindi di una comunità di persone tenute
 
anche ad un sacrificio individuale nell’interesse comune e dei terzi.
La validità della delibera assunta nell’interesse comune
Il giudizio di bilanciamento degli interessi contrapposti, alla luce delle esigenze collettive per chiari interessi comuni, nonché di cooperazione e ragionevolezza necessita di un ammodernamento alla luce delle acquisizioni normative, anche quelle di rango sovranazionale, soprattutto per gli interventi che, in futuro, interesseranno le case degli italiani necessari per soddisfare esigenze strutturali, tecnologiche ed energetico- ambientali.
Nulla esclude che esaminando la legittimità delle relazioni condominiali dedotte in lite, in particolare la delibera condominiale, il giudice possa ritenerla valida anche ove ecceda il limite della ragionevole tollerabilità, purché siano applicabili superiori e preminenti valori dell’ordinamento, anche provenienti da fonti sovraordinate. Una delibera dell’assemblea che persegua interessi estranei a quelli comuni della corretta gestione collettiva, della cooperazione e del bilanciamento degli interessi, rischia di incorrere nel vizio di eccesso di potere, inteso come vizio contrario all’interesse generale.
L’interesse comune fondato sulla cooperazione e sul bilanciamento può realizzare gli obiettivi costituzionali delle esigenze collettive se si abbandona il concetto di “prevalenza” del collettivo sulle esigenze del singolo o di prevalenza del diritto del singolo sui beni comuni, a favore, invece, di una condivisione delle esigenze e di una redistribuzione del sacrificio e dell’onere economico.
 
Fonte: Il Sole 24 Ore
 

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